UN NUOVO MODO DI VIVERE E PENSARE IL BILIARDO
Anche chi non ha alcuna nozione di genetica sa che alcune caratteristiche possono essere attribuite all’ereditarietà. Chi, poi, conosce Franco Boemi della “Cirillo Biliardi” di Silvi Marina (Pescara), sa che questa è una sacrosanta verità. Infatti, un po’ come succede per i gemelli, che arrivano saltando di una generazione, così Franco Boemi ha ereditato dal nonno materno la passione, l’amore per il biliardo. La particolare veduta di questo sport è la singolarità che, a nostro avviso, ha fatto della “Cirillo Biliardi” quasi un’istituzione e non solo in Abruzzo; dove comunque parlare del biliardo regionale senza far riferimento a Francesco Cirillo è come visitare un giardino botanico e non trovarvi neanche una rosa
Ai più attenti non può sfuggire che quella che Franco Boemi ha ereditato, non è la solita padronanza della stecca che ogni buon giocatore può impartire al suo “figlioccio”, ma una vera e propria “cultura” del biliardo, una storia che parla di onestà, di onore, di responsabilità e di rispetto; una perfetta simbiosi del biliardo con l’uomo ambientata in una sorta di partita a punti dove entrambi possono uscire vincitori delle loro esistenze. La lezione di Francesco Cirillo non si è levata da nessun pulpito, se non da quello della quotidiana umiltà con cui affrontava sale straripanti di pubblico stupendosi, quasi, della sua notorietà e mantenendo inalterato il suo carattere mite e modesto, come tutti i “grandi”. Questo deve essere stato il primo insegnamento: rimanere sempre se stessi soprattutto quando si è attorno al tavolo verde per eccellenza.
Il secondo doveva invece riguardare il rispetto per il biliardo ed oggi basta entrare nell’azienda guidata dal nipote Franco Boemi per rendersi conto che questa cultura è rimasta inalterata. Non più la bottega artigianale impolverata – più per dare l’impressione della genuinità e dell’economia del lavoro richiesto che per una effettiva esigenza – ma un edificio luminoso, pulito, elegantemente arredato, Franco Boemi ne è giustamente orgoglioso: “E’ in queste cose che si vede il rispetto per il biliardo – dice – non ho voluto “strafare”, né cercare di intimorire il cliente con una lussuosità gratuita; ho solo voluto rendere efficiente e vivibile un luogo di lavoro che possiamo ancora chiamare “artigianale” ma che non può più essere eseguito correttamente in una bottega.”
Senso estetico? “no, o almeno, non solo; oggi i lavori su biliardo non si possono eseguire più come 50 anni fa, sui tavoli di allora era sufficiente accostarsi artigianalmente con i mezzi a disposizione, ora non basta più, i tavoli sono molto sofisticati per tecnica e per costituzione. Per carità, il senso dell’artigianato deve essere mantenuto e rispettato, ma la tecnologia oggi permette di avvalersi di attrezzature e metodi atti a ridurre al minimo l’errore e a velocizzare i tempi difendendo la qualità del lavoro che, comunque, rimane manuale.
Inoltre è tempo che il biliardo esca dal luogo comune che lo vuole impolverato e fumoso, oggi il biliardo sta acquistando la sua vera posizione, quella che per gente come me, ha sempre avuto: elegante e nobile. Ecco perché ho voluto che la mia azienda, nel suo piccolo, desse un contributo per far si che l’eleganza del biliardo fosse una sensazione”a primo acchito” per dirla in termini biliardistici.” A sentirlo parlare con così tanto fervore mi meraviglio che non sia un giocatore accanito di biliardo. “vorrei esserlo. Purtroppo o fortunatamente, non saprei, ho il senso della responsabilità. Ho una famiglia che adoro ed un lavoro che tiene molto impegnato proprio perché mi piace farlo in modo serio ed onesto; ecco perché gioco poco a biliardo.
E’ solo il tempo che manca, non la fantasia o la volontà.” Infatti appese alle pareti degli uffici, noto delle foto del signor Boemi mentre gioca a biliardo e dei manifesti che lo vedono in lista di finale insieme a campioni come Diomajuta, Cifalà, Sessa e Rosanna. “Mio nonno mi ha insegnato che bisogna dimostrare qualcosa solo a se stessi.
A quei tempi si diceva di lui che fosse un campione, un “mito” – e lo era – ma tutti si stupivano quando si accorgevano d’avere di fronte un uomo semplice, onesto e moderato. Il mio desiderio era quello di saper e di poter giocare bene a biliardo, ma non per il gusto della notorietà, della fama o dei soldi, solo per il piacere che può dare saper competere con la stecca in mano e l’ho fatto; ma la vita implica delle scelte e debbo dire, senza alcun rimpianto, che la partita più bella è quella che vivo ogni giorno qui al fianco di mia moglie.”